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Le navi dei Mille

  • Storia

Nel maggio 1860 partiva dallo scoglio di Quarto a Genova, in soccorso alla ribellione siciliana, la spedizione dei Mille, in uno dei momenti topici della storia d’Italia. Ma erano solo mille? Non tutti sanno che i volontari da Genova e Livorno in pochi mesi diventarono molti di più, 22.000 secondo il grande storico inglese Trevelyan, che scriveva agli inizi del secolo scorso sulla base di sole fonti garibaldine, è meno noto che anche la flotta a disposizione dei ribelli crebbe proporzionalmente, passando dai piccoli Piemonte e Lombardo a contare una quindicina di piroscafi a vapore, disarmati ma non meno veloci delle fregate della flotta del Regno delle Due Sicilie. Eppure gli storici del settore, primo fra tutti il professor Mariano Gabriele nel suo Da Marsala allo Stretto, pubblicato nel 1961, in occasione del primo centenario dell’Unità, questo l’hanno messo in luce da tempo, e il successivo studio delle fonti primarie, i documenti d’acquisto delle navi da armatori inglesi e francesi, ci dà anche le dimensioni dello sforzo finanziario sostenuto dai promotori dell’impresa. Ne parlo nel primo capitolo del mio Dal Macerone a Gaeta, il secondo dei due volumi (il primo, Dal Volturno al Macerone, è uscito in seconda edizione, riveduta e corretta, lo scorso anno, sempre per Cosmo Iannone Editore, Isernia) dedicati alla storia militare di quei giorni. Di seguito alcune delle pagine dedicate alla logistica, un aspetto fondamentale aspetto dell’impresa spesso trascurato.

«I volontari erano poi appoggiati da una organizzazione formidabile: per il trasporto da Genova e Livorno vennero acquistati in pochi mesi 15 mercantili a vapore, pagati quasi sei milioni di lire dell’epoca, risulta dagli atti di vendita degli armatori francesi ed inglesi. Alcuni dei quali relativamente veloci e quindi con buone probabilità di sfuggire in mare aperto alle unità da guerra borboniche. Che, seppur potentemente armate, spesso erano più lente. D’altra parte, per fare una marina militare non bastano navi da guerra, e un corpo di ufficiali, marinai e cannonieri non si crea dal nulla. Ai mercantili acquistati che formarono la Marina Siciliana si aggiungevano le navi noleggiate. Il governo piemontese, infatti, alla fine di giugno aveva addirittura istituito un regolare servizio di collegamento marittimo tra Genova, Livorno e Palermo, avvalendosi prudentemente dei servizi della compagnia Frassinet, francese.

Assai indicative, a tale riguardo, le lettere di Cavour a La Farina del 19 giugno e a Ricasoli, governatore della Toscana, del 27 giugno, con riferimento ai contratti di nolo cui si è precedentemente accennato
A far tempo da venerdì avremo regolare partenza da Genova e da Livorno per Palermo. Il Governo ha acconsentito a un forte sacrificio pecuniario per far presto. Ciò dimostra che non siamo troppo teneri dei denari quando trattasi della causa italiana.
L’importo complessivo speso per l’acquisto dei 15 vapori, L. 5.686.613 (per un costo medio per unità di L. 379.107 o di 550 L/tonn di stazza), è riconducibile solo in parte a quanto riportato nel bilancio della Cassa Centrale di Soccorso a Garibaldi, redatto dal garibaldino Agostino Bertani. Perché Bertani rendiconta solo le spese riconducibili ai fondi della Cassa Centrale da lui amministrata.
Le entrate, riportate nel dettaglio dal Bertani, assommano a L. 6.201.060, le uscite a L. 6.125.345 con un residuo di 75.714. E, alla voce “VI. Acquisto vapori” il resoconto riporta l’acquisto di sole 5 navi per una spesa di 1.522.063 lire e 15 centesimi (vedi Tabella I).
Non sono rendicontate né la spesa sostenuta dal Fondo per il Milione di Fucili, sempre presieduto da Garibaldi ma amministrato da Finzi con una diversa contabilità, cui va addebitato l’acquisto dei Franklin, Oregon e Washington per un importo di L. 753.829, né quella per altre cinque navi (Rosolino Pilo, Vittoria, Pantera, Cambria, Baleno) dal costo complessivo di L. 2.278.000, acquistate da Bertani e dal conte Michele Amari, probabilmente con i fondi stanziati dal Governo Dittatoriale (Tesoreria di Palermo). Acquisti di cui rimane traccia nel decreto N. 128 (di autorizzazione per due vapori, per un importo di L.1.763.750) del Governo Dittatoriale Siciliano a firma del Prodittatore Depretis riportato in Raccolta degli Atti del governo dittatoriale e prodittatoriale in Sicilia, Edizione officiale.

Rimangono i due vapori dei Mille il Piemonte ed il Lombardo “sequestrati” alla Società Rubattino. Il direttore, Giambattista Fauchè, non chiese nulla per le due navi, anzi collaborò attivamente all’operazione talché a giugno venne licenziato dalla Rubattino. Garibaldi il 5 maggio, prima di partire, per tutelarlo gli aveva scritto riconoscendo di essersi impadronito delle navi con la violenza e promettendo un risarcimento a cose fatte, come in effetti poi avvenne.
Alla fine l’enorme debito contratto verso i finanziatori dell’impresa fu saldato dal Regno d’Italia e, a parziale recupero delle spese, il naviglio superstite della Marina Siciliana fu incorporato nella Regia Marina Italiana.
E la marina borbonica? In un solo caso, il 9 giugno, furono catturati in alto mare il vapore sardo Utile con al traino il veliero americano Charles and Jane, e portati a Gaeta. Ma gli oltre 800 volontari a bordo, detenuti in prigionia, dopo meno di un mese, il 6 luglio, vennero rilasciati d’ordine del governo costituzionale «volendo dare un segnale di amicizia a quello di Sardegna e degli Stati Uniti». I volontari, tornati a Genova, si reimbarcarono nelle spedizioni successive, contribuendo alla vittoria garibaldina di Milazzo.

Un cedimento né giustificato né dovuto, che minò la volontà degli altri comandanti di Marina che si trovarono in seguito nella stessa situazione. Un passo falso, perché a Napoli tardava a farsi strada la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un’operazione eversiva di così vasta portata. Che riportava indietro al 1849 l’orologio della storia, in una Europa però cambiata: adesso erano le potenze conservatrici del Nord, l’Austria e la Russia, ad essere in difficoltà, dopo le sconfitte subite in Crimea e nei campi di Lombardia».

(*) In copertina il Lombardo, la nave che trasportò i Mille.


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