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Una magnifica storia di cavalli che volevano ritornare a vivere… proprio nel Real Sito di Carditello

Il patrimonio equino italiano vanta esemplari e razze dotati di morfologia, storia e cultura uniche al mondo. Tra essi un posto d’elezione è attribuito ai cavalli della Real Razza di Persano creata da Carlo di Borbone VII Re di Napoli e III Re di Spagna. La storia di questi cavalli, una delle più interessanti razze d’Europa, è ricca di avvenimenti, impregnata della cultura ed essenza stilistica italiana; così essa diviene punta di diamante dell’allevamento equino nazionale e si disperde nella notte dei tempi, con la promessa di custodire nel proprio sangue l’eredità dei migliori cavalli allora presenti in Europa.

Carlo di Borbone, infatti, aveva selezionato tutti quegli esemplari già presenti nel suo Regno, quale frutto di un sapiente lavoro, portato avanti nei secoli addietro dagli allevatori; prima dai Greci, poi dai Romani, dai Bizantini, dai Longobardi, dai Normanni, dall’imperatore Federico II (il quale, intorno al 1235, diede vita all’allevamento moderno del cavallo), dagli Angioini ed infine dagli Aragonesi.

Eredi di quelle antiche e nobili tradizioni furono i cavalli di Persano, selezionati da Carlo e Ferdinando IV di Borbone con incroci di sangue fatti in modo curato e sapiente. Proprio grazie al loro amore e cura ne derivò una razza forte ed elegantissima con peculiarità mitiche: potenza, elasticità, resistenza e velocità, particolarmente adatti alla guerra e alla caccia.

A partire dai primi anni del ‘700 e fino alla fine del secolo, nelle Reali Tenute di Persano (frazione di Serre, prov. di Salerno) e di Carditello (frazione di San Tammaro, prov. di Caserta), i Reali di Casa Borbone si dedicarono alla selezione della Real Razza equina, impiegando uomini sia nell’allevamento di questi pregiati cavalli, quale mezzo di trasporto indispensabile, che vera componente strategico-militare dei reggimenti di cavalleria.

Nel 1742 la diplomazia di re Carlo di Borbone metteva a segno un altro successo di pace in tutto il Mediterraneo, tanto che il Pascià di Tripoli mandò a Napoli in dono dei cavalli berberi da utilizzare come riproduttori. Nacque così la necessità di creare un luogo adatto allo sviluppo della sua razza. La scelta cadde sul feudo di Carditello affittato nel 1774, confinante con i vecchi pascoli di Capua, agli allevamenti e alle strutture aragonesi di cui ancora esistevano le antiche vestigia e persino gli animali.

I cavalli che voleva il Re servivano per la guerra e quindi dovevano essere non troppo alti ma, scattanti, resistenti con incollatura non troppo lunga e non troppo fine, con articolazioni larghe e tendini forti e asciutti, zoccoli molto buoni e appiombi perfetti.

Il fenotipo del cavallo del Re era un baio ciliegio, con fiore in fronte prolungato in lista, liscio fra le neri e le bevente, balzano da tre, la testa allungata, la groppa forte e larga, gli arti robusti e tendini staccati.

Si può affermare, con ragionevole analisi storica, che la nascita vera e propria dell’allevamento risale al 1752, anno in cui i caratteri morfologici della Real Razza erano stati già fissati con la tecnica di meticciamento e il metodo di allevamento si otteneva già da un ciclo zootecnico.

In quegli anni Re Carlo partì per la Spagna e lasciò il Regno di Napoli e Sicilia nelle mani del Reggente Marchese Bernardo Tanucci, il quale continuò la politica economica secondo le linee guida impartite dal Re.

Carlo pensava molto ai suoi amati cavalli di Persano e nel 1763, dopo aver visitato l’allevamento Reale di Aranjuez, vicino Madrid, recepì che quei cavalli potevano essere ottimi miglioratori di quelli di Persano, e inviò degli stalloni (di taglia robusta, di qualità e mantello morello). L’allevamento di Aranjuez influì positivamente sulla morfologia e il tipo della Real Razza di Persano ma, il buon Re Carlo morì nel 1788 lasciando a Persano e a Carditello un gioiello, un’opera d’arte vivente compiuta, frutto del sapere e della perseveranza di uno dei migliori e illuminati sovrani del mondo e la Real Razza di Persano entrava a far parte delle meraviglie del XVIII secolo.

Salito al trono Ferdinando IV riorganizzò completamente l’esercito destinandogli ben otto reggimenti a cavallo e istituì a Napoli la prima Scuola di Cavalleria. Ereditata dal padre la passione per i cavalli e la campagna, per andare incontro alle esigenze dello Stato e anche a quelle dei cavalli di Persano, incrementò il numero e le tecniche di selezione e allevamento.

Egli fece erigere, a partire dal 1784, nella Reale Tenuta di Carditello, che era già stata affittata da Carlo nel 1742, una complessa struttura dedicata all’allevamento degli equini, ove vi furono costruite magnifiche scuderie adiacenti al palazzo, elegante residenza reale, dal quale il Re poteva accedere direttamente alla cavallerizza, consentendogli una immediata visione dello stato dei cavalli.

L’intento di Ferdinando era quello di creare un sito dove selezionare e far ammirare gli splendidi prodotti della razza. L’inaugurazione del “nuovo Carditello” avvenne nel 1793, dopo il regicidio di Luigi XVI, quasi a rimarcare la vitalità e la diversità della situazione del Regno di Napoli rispetto alla Francia.

I cavalli oltre che per velocità, venivano selezionati anche in funzione della resistenza alla distanza che veniva verificata facendo loro percorrere in due giorni la tratta Persano-Carditello-Persano, di circa 220 Km, dal coraggio, dalla maneggevolezza e dalla intelligenza dimostrati durante l’esercizio della caccia, nella quale si mettevano a dura prova e a confronto i futuri stalloni. La verifica delle competenze ebbe il suo momento di spicco nel 1786, quando i cavalli della Real Razza seguivano spostamenti periodici delle mandrie, delle giumente e dei puledri, tra Carditello e Persano.

Per tale motivo fu necessario ampliare le vecchie strade e costruirne di nuove che collegavano i due Siti. Nel 1789 vennero completati i lavori su Carditello a supporto dell’Ippotrofio con posti per 3.000 cavalli. L’allevamento della Real Razza potè così crescere e diventare sempre più organizzato e importante e con esso il nome del Real sito di Carditello, tanto che la tenuta cresceva sempre più prendendo in fitto nuovi pascoli. Erano quelli gli anni delle cacce e delle parate e i cavalli della Real razza primeggiavano in tutto il mondo, elevandosi ai massimi splendori per eleganza, coraggio e resistenza.

Passarono gli anni e la razza vide riconoscere la sua protezione anche da Ferdinando II e da Francesco II di Borbone, ma, con l’avvento dell’Unità d’Italia sotto il Regno di Casa Savoia, la Real Razza di Persano fu rinominata Razza Governativa di Persano.

I cavalli di Persano, dai primissimi anni del Novecento e fino agli anni settanta hanno garantito l’apporto della nobile linea di sangue ereditata da Carlo di Borbone e altrettanto apprezzata e stimata da Vittorio Emanuele II di Savoia, primo Re d’Italia, che intervenne per il recupero della Real Razza di Persano. Fu lo stesso sovrano ad assicurarsi un nucleo di 50 fattrici facendole poi trasferire a San Rossore, suo allevamento in Toscana.

Intervennero anche le famiglie Gaetani duchi di Sermoneta, la nobile famiglia del senatore Mattia Farina di Baronissi, nonché le blasonate famiglie di Salerno: Alfani, Moscati, Bellelli e Morese allevatori anche di un’altra pregiata razza: quella del cavallo salernitano.

È bello ricordare che grazie alle continue acquisizioni da parte dell’Esercito Italiano si riuscì a recuperare buona parte del patrimonio genetico originale come attestano le fonti medico-veterinarie e i registri dell’epoca. Lo stallone che continuò la linea fu GIACOBELLO figlio di un’autentica persana, come rubricato nel suo albero genealogico e il suo fenotipo.

Non solo storia, il cavallo di Persano è anche, e soprattutto, leggenda. Celebre, al riguardo, quella di Francesco Baracca: il capitano della Regia Aviazione sorvolò i cieli della Prima Guerra Mondiale adornando la carlinga del suo aereo con l’emblema di un cavallino rampante della real razza di Persano. Lo stesso che anni dopo fu regalato dalla madre del celebre aviatore ad Enzo Ferrari, diventando così l’emblema delle sue auto da corsa per volare sulle piste degli autodromi di tutto il mondo.

Iniziò così una nuova era per i figli dell’antico cavallo di Persano, per sangue e tradizione, l’epopea di un cavallo la cui origine si fondava nel sangue più nobile dei cavalli delle scuderie reali.

La Real razza governativa di Persano scandì il suo rintocco più bello nell’orologio della storia alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, ai mondiali di salto ostacoli di Madrid del 1954, alle Olimpiadi di Stoccolma del 1956, con Pagoro, sotto la sella di Piero D’Inzeo, che lo definì: «il nano» per la sua altezza al garrese di 1,48 cm, e poi montato dai fantastici cavalieri sardi Cap. Oppes e Angioni. Pagoro, insieme a Merano e Posillipo, cavalli italiani, salernitani per la precisione, sono stati amati in tutto il mondo perché difficilmente commettevano errori e avevano un cuore enorme, sempre pronti e rispondenti alle chiamate dei loro cavalieri.

Il binomio corona-cavallo è stato rivitalizzato con cura e amore dal principe Alduino di Ventimiglia e dalla Fondazione Real Sito di Carditello, protagonisti di un’impresa epica: riuscendo infatti, con l’aiuto di pochi e valorosi amici, a salvare i “cavalli del Re”… immagine ed espressione di un popolo, della sua cultura e vivo esempio di un Sud Italia che non si arrende alla flessione economica e culturale, ma ne innalza i suoi valori.

Con questo articolo ha inizio la collaborazione del dott. Gaetano Locci con il Centro Studi della Provincia di Caserta.
Dottore commercialista e Revisore Legale dei Conti presso il Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana DOP, dove ha creato la Biblioteca tematica iscritta al Polo SBN di cui è responsabile. È tesoriere della Società Salernitana di Storia Patria, nonchè autore di articoli e saggi di storia locale.


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